Header_XVI Congresso Nazionale dei Chimici

Vecchie eccellenze e nuove frontiere della Chimica Italiana

a due secoli dalla nascita di Raffaele Piria

Sede congressuale: Palazzo Campanella, Via Cardinale Portanova 89123 Reggio Calabria

COMITATO ORGANIZZATIVO

PROGRAMMA

CONCORSO PER LE SCUOLE SECONDARIE

RAFFAELE PIRIA, PADRE DELLA CHIMICA ITALIANA

<<Raffaele Piria sul gran tronco della Chimica lavoisieriana innestò un sano virgulto di schietta produzione italiana, tramandando ai posteri la sua fama immortale, perfezionando e volgarizzando aristocraticamente la scienza>> (Ferdinando Zito)

Raffaele  Piria appartiene indissolubilmente alla storia ed alla scienza. Egli infatti visse associando l'impegno della ricerca chimica a quello politico, riuscendo a conciliare questi due aspetti e lasciando ampia testimonianza del suo esistere. Nacque a Scilla in provincia di Reggio Calabria il 20 agosto 1814 e dopo la morte del padre fu ospitato presso il Collegio Reale di Reggio Calabria, all'epoca diretto dal canonico D. Tommaso Tripepi, ove compì studi classici. Successivamente, si recò a Napoli ove, nel 1835, conseguì la laurea in medicina e chirurgia. Manifestava però grande interesse e predisposizione per gli studi di chimica tanto che il Lancillotti, insegnante di questa disciplina presso il Collegio medico-chirurgico di quella città, lo volle come suo collaboratore. Si distinse per le sue doti umane e scientifiche e costituì un referente naturale per tanti suoi condiscepoli che ricorrevano a lui per aver chiariti i loro dubbi, egli infatti si dimostrava di  grande perspicacia nell'apprendere le più astruse teorie chimiche e di grande capacità nell'esporle con parole semplici e chiare. Nel 1837 quindi, si portò a Parigi ove conobbe Iussieu, Gay-Lussac, Elie de Beaumont e Thenard. Frequentò assiduamente le sedute dell'Accademia delle Scienze di Parigi  ove gravitavano i maggiori cultori delle scienze dell'epoca e poiché le sue condizioni economiche non erano particolarmente floride, per compiere i suoi esperimenti allestì un laboratorio molto artigianale nella stessa locanda ove alloggiava.

Delle sue prime indagini, Piria diede notizia in due pubblicazioni che trovarono spazio su di un giornale scientifico parigino. La prima pubblicazione portava il titolo: Sulla separazione dei bromuri dai cloruri e la seconda: Sopra una bizzarra azione che il fosfato di soda esercita sul fosfato di mercurio.  Riuscì  a farsi ammettere  presso il laboratorio del grande chimico Jean Baptiste Dumas e con Lui  compì studi sui tartari e sull'acido tartarico approfondendone la costituzione molecolare. Studiò anche gli acidi propionico, il lattico, il glicorio . Nel corso delle loro comuni ricerche scoprirono l'acido cloracetico e ne pubblicarono la notizia sugli Annales de Chimie et de Phiysique e presso lo stesso laboratorio scoprì l'idruro di salicile e successivamente studiò la salicina. Tale acquisizione venne presentata all'Accademia delle Scienze di Parigi che, emise sull'autore, il seguente giudizio: <<Il Signor Piria ha fatto prova nel corso di questo lungo lavoro sulla salicina di una rara penetrazione e di una sicurezza di giudizio poco comune. Il lavoro del Piria resta come uno dei più perfetti, di cui la chimica organica si sia mai arricchita>>. A partire da questi studi si aprì la strada alla realizzazione della famosa aspirina poi prodotta dalla società tedesca Bayer.

Dalla salicina infatti riuscì successivamente a ricavare l'elicina, l'acido formico e l'acido saliciloso. Nel 1839 rientrò a Napoli  e si dedicò all'insegnamento privato e con Macedonio Melloni tentò anche, ma senza successo, l'istituzione di una scuola privata di scienze sperimentali. Insieme invece, pubblicarono l’Antologia di scienze naturali. Tra il 1840 ed il '41 pubblicò il trattato dal titolo Elementi di chimica inorganica presso l'editore Sebezio. Quest'opera che dedicò al suo illustre maestro Dumas, si rivelò subito di grande importanza per rigore scientifico e chiarezza dell'espressione. In quel periodo si era resa libera la cattedra di chimica all'università di Pisa e Piria divenne insegnante di quell'ateneo nel 1842 a soli ventotto anni. In quell'università proseguì gli esperimenti sulla salicina già iniziati a Parigi e, nel 1846, ne  pubblicò i risultati negli Annali delle Università Toscane. Col Matteucci fondò la rivista Nuovo Cimento, ancor’oggi attiva, ove pubblicarono: Studi sulla costituzione chimica dell'asparagina e dell'acido aspartico.

Nel 1848 l'Italia insorge contro gli austriaci e Raffaele Piria, allora insegnante presso l'università di Pisa, spinto da un forte sentimento patriottico, abbandona la cattedra e gli studi ed organizza il battaglione universitario, insieme col Pilla e col Matteucci, che si è distinto per spirito patriottico partecipando anche alle battaglie di Curtatone e Montanara. Dopo qualche anno dall’impresa lascia la Toscana per recarsi a Torino ove riprende a pubblicare sul Nuovo Cimento. I suoi lavori circolarono sia in Italia che all'estero e gli procurarono la meritata fama tanto da suscitare, anche in uomini come Cavour, la dovuta stima che contribuì a farlo nominare   membro residente della Regia Accademia delle Scienze di Torino. Nel 1856 fu nominato professore di chimica generale e successivamente, nel 1858, direttore del laboratorio di chimica organica ed inorganica mentre nel '59 fu nominato membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione.

Nel 1860 Piria ritornò in Calabria con lo scopo di organizzare, su incarico del Cavour, il cosiddetto “plebiscito delle Calabrie". Successivamente fu nominato Ministro della Pubblica Istruzione e nonostante le sue occupazioni politiche non si distrasse dagli studi di chimica e, nel tentativo di conciliare le due attività,  si sottopose a grandi sforzi che contribuirono a danneggiare il suo stato di salute. Gli fu consigliato di lasciare Torino e di dedicarsi al riposo ma egli,  ottenuto un congedo si recò a Napoli ove si dedicò alla nuova edizione del Trattato elementare di Chimica inorganica e successivamente, una volta rientrato a Torino, al Trattato di Chimica organica che fu pubblicato, nel 1865, dall'editore G. B. Paravia col titolo Lezioni elementari di Chimica organica. Piria, ai medici che gli imponevano il più assoluto riposo, così rispondeva: <<smetterò fra pochi giorni quando avrò compito il mio trattato>>. Morì a Torino il 18 luglio 1865 - in un albergo - confortato dalla moglie Eloisa Cosenz. 

Nel Trattato elementare di Chimica Inorganica – al paragrafo intitolato “Stato Naturale de' corpi” scriveva:

<<I Corpi di cui si compone la crosta della terra sono talmente variati per la forma, e per i caratteri con cui manifestano la loro esistenza, che colui il quale giudicasse della natura di essi dalle apparenze esteriori, sarebbe tentato di credere, che i materiali da cui sono formati sono anch'essi di natura differentissima ed oltremodo numerosi. Nondimeno l'esperienza  ha dimostrato che la massima parte de' corpi naturali, sottoposti a certe operazioni chimiche, si scindono in parecchi altri, che differiscono fra di essi, non meno che da quelli da cui sono stati prodotti. Sottoponendo ad altre esperienze i prodotti così ottenuti, si hanno spesso delle nuove sostanze che differiscono dalle prime e dalle seconde, e continuando allo stesso modo, si giunge in ultimo a certe forme di materia, che resistono senza alterarsi a tutti gli agenti di decomposizione conosciuti, è però si chiamano corpi semplici , elementi, o meglio corpi indecomposti>>.

Ho voluto riportare questo brano che apre il Trattato per mettere subito in evidenza lo stile dell'autore e soprattutto per mettere in luce l'atteggiamento culturale che fa del Nostro, un valente didatta. Della metodologia didattica di Piria ben testimonia il suo discepolo Nicola Abate che così lo ricorda: <<Dalla cattedra, ove era potente, esercitava, un grande fascino negli uditori e li trasportava nei campi più alti della Scienza e ve li faceva rimanere fino a che    le sue idee non fossero tutte intese dai suoi ascoltatori. Nel parlare non usava mai parola che non fosse prettamente scientifica e che non potesse essere intesa anco dai profani di chimica>>.  In una lettera indirizzata all'allievo Stanislao Cannizzaro (poi divenuto un altro grande chimico) datata 8 aprile 1865, così si esprime: << ...Io credo che quando si parla a principianti i quali non hanno altre idee della scienza che quelle che voi stesso avete loro comunicato , bisogna farsi una legge di non impiegare una espressione, una sola parola che esprima idee le quali non armonizzino col piano d'insegnamento ...>>.

Cannizzaro così descrive il lavoro del suo Maestro: << Il Piria fra gli smalti ed i cammei  della sua non mai abbastanza lodata e citata monografia, fu una delle maggiori glorie scientifiche italiane tanto per l'importante parte con cui contribuì al progresso della chimica, quanto per la durevole influenza che egli esercitò sull'insegnamento scientifico della penisola>>. A Piria deve essere anche accreditato il merito di aver risollevato le sorti della chimica italiana il cui stato possiamo intuire dalle parole di Alfonso Cossa, che riferisce che a Bologna, nelle lezioni tenute dal prof. Salvigni, <<trovavansi delle ricette per fare i sorbetti e per avere buon brodo in tutti i giorni dell'anno>>. Giova ricordare che anche nelle famose Università di Pavia e di Padova l'insegnamento della chimica era decaduto.

L'opera di Piria si pone contro un modo “vuoto” di esporre la scienza, e pur fortemente informata al rigore scientifico ed all'eleganza sperimentale, non tralascia di mettere in luce, criticamente, il divenire storico della disciplina. Si realizza così una dialettica interna, di livello didattico-pedagogico, che guida il lettore, nei meandri, ora più luminosi, della scienza chimica.

Qui di seguito, riporto un altro brano tratto dal paragrafo dedicato alla <<combinabilità dei corpi  -  affinità>> :

 <<Quando si mescolano insieme corpi di diversa natura, spesso avviene    che si uniscono per formare un composto, in cui spariscono i primitivi caratteri de' componenti. Si dice allora che i corpi si sono combinati, e la cagione da cui la combinazione è prodotta si domanda affinità. Bisogna adunque considerare l'affinità siccome una particolare specie di attrazione che manifestano le une per le altre le molecole dei corpi di natura diversa. La forza che è causa di tale attrazione, agisce su tutt'i corpi indistintamente, ma inegualmente sopra ciascuno, per modo che alcuni composti sono dotati di grandissima stabilità, e per separare i loro elementi bisogna ricorrere ai mezzi più potenti di  decomposizione, dove altri invece si decompongono appena vengono riscaldati>>.

Infine propongo la lettura di quanto Raffaele Piria scriveva a proposito dei <<fenomeni di contatto  -  catalisi>> :

 <<L'azione chimica né casi finora esaminati è l'effetto dell'affinità, … Oltre a queste maniere di combinazioni e di decomposizioni, ve ne ha delle altre prodotte … dall'attrazione misteriosa di  certe sostanze, che si chiamano corpi di contatto o corpi catalitici. Ho già parlato dell'idrogeno e dell'ossigeno, i quali all'ordinaria temperatura non manifestano azione di sorte alcuna, ma in contatto del platino molto diviso, si combinano producendo una forte detonazione. La combinazione chimica in questo caso è senza dubbio favorita dalla porosità del metallo, il quale condensa né suoi interstizii una gran quantità del miscuglio gassoso, le cui molecole quanto più sono ravvicinate, tanto più facilmente si combinano ... I fenomeni di cui si ragiona non solo si presentano tra sostanze gassose, ma spessissimo ancora si osservano tra corpi allo stato solido, ovvero disciolti. ... Le azioni di tal natura vennero considerate come dipendenti da una forza sui generis, e diversa dall'affinità, che Berzelius chiamò forza catalitica>>.

 Anche dalla lettura di quest’ultimo brano emerge la filosofia altamente pedagogica dell'autore il quale propone sempre i "fatti della chimica" in maniera discorsiva ma rigorosa e quando s'imbatte in problematiche delle quali non ha certezze di "prima mano", come nel caso dei fenomeni di contatto, lascia una porta aperta a nuove risoluzioni. Dice infatti: <<... tuttavia non credo che tutti i fenomeni di contatto o catalitici si possano ridurre ad azioni di questa natura>>.

La sua metodologia didattica si potrebbe dunque così schematizzare:

-   disamina degli antefatti e conoscenze dell'epoca di riferimento

- analisi motivazionale del lavoro svolto dagli studiosi intorno alla problematica in argomento e soluzioni proposte

-   esame delle conseguenze e sviluppi successivi     

Questa metodologia è efficace didatticamente in quanto presenta la chimica, e la scienza in generale, come una struttura dinamica che è disponibile a discutere e farsi mettere in discussione. Viene così a crearsi un'interscambio fecondo tra idee nel superamento dei preconcetti formali cui spesso lo studente si riferisce. 

Possiamo concludere dicendo che tutta l’opera di Piria – ed in particolare i suoi trattati -  costituiscono una vera e propria miniera di informazioni chimiche ben organizzate e pertanto una punta avanzata della chimica che precede il Sistema Periodico di Mendeleev. Ma soprattutto che Egli è stato un esempio di ciò che deve essere il vero scienziato, che alle doti di ricercatore e sperimentatore deve associare quelle di didatta e uomo onesto che della scienza non fa soltanto un mezzo per far soldi, un uomo socialmente impegnato a far sì che la scienza ed il suo progresso siano <<fatte dall’uomo per l’uomo>>.

Dott. Chim.  Francesco  Cardone

Commissione Cultura dell'Ordine dei Chimici della Calabria

Raffaele Piria

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